Gesù narratore

Le tecniche comunicative utilizzate da Gesù.

Quando Gesù parla alle folle per strada, cosa racconta? Cosa vuole raggiungere? E in che modo lo fa? In questo articolo offriamo qualche suggestione, tratta dalla tesi di Luciano Gottardi, su contenuti e stile narrativo di Gesù.

«Quando istruiva le folle per la strada, l'aspettativa di Gesù, non era un'adesione formale ad una teoria religiosa, ma la presa di coscienza e la conversione di ogni singolo uomo che ascoltava il racconto.

La capacità comunicativa di Gesù risulta abbastanza evidente anche solo analizzando il seguito che egli ebbe nei tre anni della sua predicazione. Charles Kraft, nel suo studio sui metodi di comunicazione di Gesù, analizza tutti i modi di comunicare presenti nel Vangelo e trae da essi «quattro principi che potrebbero essere considerati una sintesi della teoria della comunicazione seguita da Gesù.

1. Affinché l’informazione sia trasmessa con precisione, sia chi dà l’informazione sia chi la riceve devono operare all’interno di uno stesso quadro di riferimento.

2. All’interno di un quadro di riferimento, quanto maggiore è la prevedibilità dei possibili contenuti del messaggio, tanto più piccolo è l’impatto del messaggio e viceversa: minima la prevedibilità, massimo l’impatto.

3. Quanto più specifico è il modo in cui è presentato il messaggio, tanto più grande l’impatto.

4. Ciò che viene scoperto da chi riceve il messaggio ha maggiore impatto che non quanto viene presentato dal comunicatore in forme predigerite e generiche»

Tenendo presenti questi criteri, possiamo vedere come, all'interno delle parabole, essi siano applicati da Gesù, evidentemente con lo scopo di rendere la sua comunicazione più efficace.

Prendiamo ad esempio la parabola del Buon Samaritano:

Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso»

Seguiamo ora i criteri interpretativi di Kraft per verificare le tecniche comunicative che Gesù ha utilizzato in questa parabola.

Premesso che i due attori della comunicazione sono Gesù e un dottore della Legge, appare evidente che Gesù narra questa parabola inserendola nel contesto proprio dell'ascoltatore, il quale ben conosceva la situazione religiosa dei samaritani. Il quadro di riferimento è quello del dottore della legge, che, probabilmente, molte volte si era espresso sulla lontananza del popolo della Samaria dalla vera Legge e dal vero culto di Gerusalemme.

Il secondo criterio di Kraft riguarda l'imprevedibilità: qui la tecnica narrativa di Gesù raggiunge uno dei suoi apici, poiché fino alla fine uno si aspetta di sapere "chi è il mio prossimo"; proprio nel finale Gesù ribalta la prospettiva e chiede "chi si è fatto prossimo" all'uomo derubato.

Il terzo elemento di forza, secondo Kraft, sta nella specificità del messaggio. In questo caso notiamo che Gesù non si lascia andare a nessuna generalizzazione, non fa una teoria della "prossimità", non costruisce un'elaborazione dei casi in cui ci si debba comportare nell'una o nell'altra maniera. Narra solamente un episodio specifico e su quell'episodio richiede di confrontare il proprio comportamento di tutti i giorni.

La richiesta finale di Gesù allo scriba, mette il dotto di fronte alla propria scelta personale: è lui in persona che deve interpretare la parabola narrata da Gesù. Non è Gesù a trarre le conclusioni, sarà lui a dover verificare, nella propria vita, l'aderenza o meno del proprio comportamento al comportamento del Samaritano. E Gesù sa, come ha desunto Kraft, che l'insegnamento colto e scoperto direttamente dall'ascoltatore ha maggior effetto di quello inculcato dall'esterno.

La parabola, come abbiamo visto, contiene in maniera evidente tutti quattro gli elementi di efficacia comunicativa proposti dal Kraft. Ma la parabola, naturalmente, contiene anche dell'altro, che vogliamo ora mettere in luce seguendo l'analisi sulle caratteristiche comunicative delle parabole che fa Roland Meynet.

Meynet, nel suo testo "Vedi questa donna?", evidenzia in primo luogo il dato essenziale: «Una parabola non è (...) una storia inventata per illustrare agli spiriti semplici una verità che non potrebbero comprendere. È una storia vera che richiede di essere interpretata. Se si presenta sotto forma di favola, è perché viene sottoposta all'intelligenza degli uditori che debbono riconoscervisi» Dunque essa è solo apparentemente semplice; il linguaggio non utilizza un registro alto, ma i contenuti della stessa vanno ben al di là di ciò che appare ad un ascolto distratto. Nella parabola del Buon Samaritano questi tratti distintivi sono fortemente accentuati. Il testo narrativo non comprende grandi verità di fede; ci narra però un episodio drammatico che va interpretato. Di fronte all'annuncio di Gesù si può restare indifferenti o si può agire, proprio come i personaggi della parabola, e nell'interpretazione dell'esempio ogni ascoltatore deve decidere da che parte stare: dalla parte del Levita, del sacerdote, del Samaritano oppure dell'uomo derubato. Qualcuno può scegliere di stare dalla parte dei ladroni. In ogni caso egli può trarre delle conclusioni valide per la propria esistenza reale.

La comunicazione di Gesù è dunque efficace per provocare delle conseguenze in chi lo ascolta: dopo esservisi riconosciuti gli ascoltatori sono infatti chiamati alla conversione: «Va' e anche tu fa' lo stesso». Il dottore della Legge non viene condannato, Gesù non gli rimprovera nulla. Lo esorta prima a riflettere sulla parabola, poi a riflettere sulla propria vita. Ma non viene né costretto, né forzato. In altre parabole, in una maniera che responsabilizza ancor più chi ascolta, Gesù avverte: «Chi ha orecchi per intendere, intenda». Gesù ci indica che la conversione può avvenire solo da dentro».

Estratto dal lavoro di tesi di Luciano Gottardi sulla narrazione biblica. 

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